Chiara Ferragni – Unposted è stato in programmazione per tre giorni in molte sale cinematografiche italiane. Ho acquistato il mio biglietto online un pomeriggio e mi sono presentata per lo spettacolo delle 18.15 nel cinema multisala più vicino all’ufficio. Ragazzine nemmeno quindicenni erano già in fila per accedere alla sala non appena il segnale sarebbe diventato verde sullo schermo.
Faccio fatica a ricordare quando sia stata l’ultima volta che sono andata al cinema di pomeriggio, forse quando ero ragazzina anche io.
Lo spettacolo è iniziato alle 18.45 ed è finito alle 20.05. Poco più di un’ora per mettere lo sguardo dentro la vita della più famosa delle influencer.
Chiara Ferragni – Unposted non è un film e non è nemmeno un documentario: io lo chiamo “doc-story”, letteralmente uno spaccato reale della vita di Chiara Ferragni. E non è vero che la narrazione non c’è.
Le prime immagini bucano lo schermo su Chiara e un’amica: vuole farsi un tatuaggio che aveva rimandato per via della gravidanza.
Farà male? No, comportati come la persona che vorresti essere.
La regista Elisa Amoruso è stata con Chiara per circa un anno, filmando, raccogliendo immagini e testimonianze per dare vita a questo progetto: il risultato è un montaggio narrativo basato su questo periodo di tempo in cui la convivenza ha consentito di entrare di più nel quotidiano della famosa impreditrice digitale, un quotidiano un po’ oltre quello che ci mostra Instagram.
La narrazione alterna immagini e frame della vita della Chiara Ferragni del presente alle immagini flash back di bambina uscite dalla telecamera di sua madre ossessionata dall’idea di dover documentare i momenti più importanti della sua famiglia, soprattutto compleanni e vacanze.
Come a dire che ogni momento va ricordato perché ti servirà.
Il racconto è arricchito da voci e altri punti di vista esterni alla famiglia: professionisti del mondo della moda, collaboratori, giornalisti, scrittori che offrono la propria opinione su chi è davvero questa ragazza oltre lo schermo dello smartphone, oltre l’icona che è diventata per molti.
Chiara inizia la sua avventura molto presto: la condivisione di sue foto online sono precedenti l’avvento dei social media come li conosciamo oggi. Apre il suo blog inventandosi un nome senza alcun particolare studio di branding e nasce The Blonde Salad. E’ il 2009, ci sono già haters che la attaccano e l’eco di voci autorevoli del mondo della moda pronti a scommettere che non durerà risuona al ritmo di un tormentone.
Con la disinvoltura di chi sa ciò che vuole anche se non sa come andrà, senza voltarsi mai indietro, Chiara riesce ad avere accesso al mondo della moda, soprattutto quella del lusso, un mondo con una porta molto dura da aprire per chi non proviene da lì: è un ambiente tradizionalista dove non c’è spazio per chiunque, un ambiente che solo negli ultimi anni ha preso consapevolezza che la trasformazione digitale è in atto, che i social media hanno dato voce e potere di espressione a milioni di persone. E che se non capisci cosa sta accadendo intorno a te, resti fuori dai giochi.
Come la più moderna delle pioniere, Chiara si avventura in un mondo che non conosce e crea un linguaggio nuovo, all’inizio apparentemente sterile e privo di ascolto, eppure più accessibile di quanto si possa immaginare: il suo viaggio comincia a delinearsi, una nuova forma di comunicazione dà vita a una condivisione di espressione che, nel suo caso, passa da personale a universale.
Chiara racconta in prima persona, a volte in una formale intervista di fronte alla telecamera, altre volte indirettamente mostrando momenti delle sue giornate, mentre si preparare per andare a un evento o a una sfilata, mentre decide che vestito indossare o durante un meeting di lavoro seduta al tavolo col suo team, il tutto intervallato da scene a rallentatore come un video musicale, da immagini in stile real tv e frammenti amatoriali di un’infanzia felice trascorsa alla ricerca della risposta alla più semplice delle domande: cosa vuoi fare da grande?
Lo sguardo dello spettatore passa dal cielo di Los Angeles al divano di Diane Von Furstenberg, dalla settimana della moda ai preparativi del matrimonio in Sicilia, mentre la regista Elisa Amoruso ci offre un giro sulla giostra di Chiara Ferragni e del suo mondo apparentemente senza messe in pausa, dentro il suo guardaroba, in cima a un grattacielo, seduta in riva all’oceano o in piazza Duomo a tarda ora quando Milano diventa silenziosa ed è sicuro che persino i piccioni sono andati a dormire e non interferiranno nello sfondo dell’ennesima foto.
Elisa Amoruso intreccia immagini di sfilate e momenti personali del passato e del presente con proiezioni di vendite, numeri di business, cifre di un’azienda che ha raggiunto fatturati milionari e dà lavoro a quasi 80 persone. Ma se qualcuno si aspettava di sedersi al cinema e assistere alla messa in onda di una tipica giornata da business woman, tra scarpe, borse e set fotografici, per capirne i segreti del successo e i ritmi folli, la gestione degli impegni e del tempo, beh non è così.
Chiara Ferragni – Unposted non è un film, è un racconto del reale.
E’ uno spaccato di momenti di smacco e di delusione professionale assieme a quelli più privati, dolorosi e amari, per nulla troppo diversi da qualunque altra vita. Perché anche se sei in grado perfettamente di contare su te stessa e nessuno può credere in ciò che fai più di quanto ci credi tu, le perdite lungo il percorso fanno male ma sono una realtà da accettare, soprattutto quando sai che chi non sta più dalla tua parte non ti lascia segni di luce.
Chiara Ferragni – Unposted mi è piaciuto perché ha qualcosa di potente da dire: tutto ciò che succede nella nostra vita ha un senso, che siamo noi, che siano le persone attorno a noi, che siano i nostri sogni o le nostre paure, poco importa.
Non esiste nulla che non siamo in grado di fare perché ognuno di noi è responsabile della propria storia.
Quindi, prendiamo coraggio e impariamo a comportarci come la persona che vorremmo essere davvero.
E ad ogni passo, quel momento avrà un senso.