Questo non è un articolo da travel blogger, questo è il racconto di un viaggio che non sapevo dovessi fare.
Quest’anno non mi è stato possibile organizzare le vacanze con il giusto anticipo ma sapevo di aver bisogno di relax e di mare.
Ogni anno, quando si avvicina il momento di decidere dove trascorrere le vacanze estive, tendo a puntare subito su qualche meta estera perché mi sento sempre assetata di vedere posti nuovi, soprattutto se sono posti lontani. Così quest’anno avevo iniziato a valutare destinazioni come Minorca e la Grecia, dove – in entrambi i casi – non ero mai stata.
Nonostante le idee apparentemente chiare, nè Minorca nè la Grecia hanno soddisfatto le mie esigenze che erano principalmente quelle di far coincidere voli disponibili e date ormai già stabilite.
E poi, come spesso accade, la soluzione ti si presenta sotto gli occhi come un dono ma in realtà era sempre stata lì e non ero riuscita a vederla. E mi sono detta: voglio andare in Sicilia.
Conosco la Sicilia per ragioni familiari: mio nonno era siciliano e quando ero bambina il viaggio in Sicilia era una vera grande avventura.
Partivamo in auto con la mia famiglia: mio padre guidava per tutto il viaggio da Bergamo a Giarre, una cittadina in provincia di Catania. Mia madre preparava panini imbottiti e pizza fatta in casa e avvolgeva tutto nella carta stagnola. Il tutto era accompagnato da un thermos di caffè, uno di thè e ovviamente acqua.
Si partiva per andare al mare e per andare dai nonni.
Era un viaggio lungo, ma per me che ero una bambina era il viaggio che attendevo tutto l’anno. Una volta arrivati a Villa San Giovanni si traghettava fino a Messina e una volta di là in un paio d’ore eravamo a destinazione.
Nel corso degli anni, con i miei abbiamo visitato la Sicilia più volte: ogni anno, durante il soggiorno dai miei nonni, c’era sempre occasione di andare a vedere qualcosa di nuovo: Taormina, Castelmola, i Crateri Silvestri, la Valle dei Templi di Agrigento, Palermo, Monreale, le Isole Eolie. Ogni volta un pezzetto di Sicilia in più, ogni volta qualcosa di nuovo per gli occhi.
Finché arriva un momento in cui le cose cambiano, si cresce, perdiamo qualcuno che amiamo e la vita ti da e chiede altro.
Durante i primi anni del liceo i miei nonni sono mancati e subito dopo il liceo ho iniziato l’università e il tempo delle vacanze estive ha cominciato a ridursi. Poi mi sono laureata, ho trovato un lavoro e ho smesso di andare in Sicilia coi miei. La casa dei miei nonni, piena zeppa di ricordi, non c’è più e loro riposano al cimitero sotto un sole cocente a cui nessun fiore può resistere. E quando diventi adulto, certe cose ti mancano: è come se fossero state dormienti per un po’ e poi cominciassero a svegliarsi e mandarti messaggi che tu fai fatica a interpretare, perché sei adulto e non vuoi più fare le cose che facevi da bambino, ma anche perché crescendo ci irrigidiamo e tendiamo ad alzare barriere, anche con noi stessi.
L’ultima volta che sono stata in Sicilia prima di queste vacanze è stato nel 2010 in occasione di una nuova nascita in famiglia: il nuovo arrivato aveva la precedenza su tutto il resto, giustamente. Sono stata tre giorni coi parenti e non c’è stato tempo per fare altro.
E poi è arrivato questo 2019 che mi ha messo un po’ alla prova e mi ha costretta a rivedere un po’ le mie priorità.
Non mi erano rimasti molti giorni disponibili perché per agosto avevo già organizzato un viaggio in Normandia, ma in poco tempo ho trovato volo, hotel e auto a noleggio: avevo un piano in mente, dovevo solo metterlo in pratica.
Il viaggio in Sicilia – per chi mi segue su Instagram lo sa – non era previsto, è stata una decisione dell’ultimo minuto. E ho scelto di concentrare il mio soggiorno nella meravigliosa zona del Barocco, che in tanti anni e in tanti viaggi, non avevo mai visto. Ho preso un hotel a Noto, appena poco fuori dalla città, una stupenda masseria rimessa a nuovo in mezzo ai cactus e agli ulivi: avevo bisogno di uno spazio aperto, di un paesaggio da guardare ogni giorno e assimilare lentamente, e di vedere il tramonto.
Ho fissato alcune mete principali in modo da poter girare un po’ ma senza affanno e senza sprecare troppo tempo in spostamenti eccessivamente lunghi. Volevo rilassarmi, fare esperienza con gli occhi e vedere ciò che mi mancava.
Le mete sono state scelte precise: Noto, Marzamemi, Siracusa e Modica sono state le tappe del mio viaggio, alternando la visita di una città alle ore di mare, di cui avevo estremamente bisogno: il cielo blu che non conosce nuvole, il flacone della crema protettiva sporco di sabbia, la portiera dell’auto bollente perché il parcheggio non ha nemmeno una zona d’ombra, la granita al gusto di mandorla che si scioglie in bocca, trenta gradi senza una goccia di sudore addosso, l’acqua del mare trasparente di un colore che ti chiedi come possa esistere in natura e il sale che ti fa tirare la pelle finché non arriva il momento della doccia. Il profumo della grigliata di pesce e quel bicchiere di vino bianco che da il tocco finale a tutta questa ebbrezza.
E il tempo, se pur breve, si è dilatato. Cinque giorni mi sono sembrati il doppio, il sole sembrava non voler tramontare e la mia giornata trascorreva più lenta, come se la Sicilia sapesse già cosa stessi cercando.
Ho vissuto la Sicilia alternando i miei ricordi di bambina e svegliando il mio stupore intorpidito di fronte a una bellezza e a una luce che mi è rimasta negli occhi: la sera quando andavo a dormire, prima di sognare vedevo ancora colori, luoghi, profumi che la giornata mi aveva offerto e che mi erano entrati dentro e rimasti addosso.
Ho assaggiato tutto ciò che ho potuto, respirato a cuore aperto sensazioni che temevo di aver dimenticato e mi sono goduta a fondo ogni singolo istante di tutto.
E le onde del mare sono un suono che non va più via.
Perché il viaggio è cercare e trovare.
Io non sapevo di dover cercare, ma ho trovato tanto, me lo sono tenuta addosso e portata a casa.
Per questo mi sembra che ci sia più luce anche adesso che sto scrivendo.